A volte per scoprire o riscoprire un posto nel mondo basterebbe chiudere gli occhi e ascoltare il suono di tutto quello che è intorno: un aspetto su cui non ci si sofferma molto quando si vuole fare una riflessione sulla natura o sull’ambiente. Con SOA, la regista portoghese Raquel Castro ci conduce in una dimensione che viaggia tra l’assoluto silenzio e volumi assordanti, dall’infrasuono agli ultrasuoni che l’orecchio umano non può percepire.
Inoltre, SOA è un verbo che in portoghese vuol dire “qualcosa che suona”: una parola che in questo contesto appare come un invito a non sottovalutare il potere del suono. Raquel Castro parla di identità acustica dei posti: diversi luoghi possono creare diversi suoni e diversi suoni possono rimandare al ricordo di determinati spazi nel mondo. É lo stesso procedimento che facciamo quando ci ricordiamo di un luogo per associazione a un certo tipo di arte o di gastronomia. Il suono è autentico e personale, lo è ancora di più la nostra voce che funge da impronta, o la musica che ascoltiamo e attraverso la quale scegliamo di proiettarci sul mondo.
Nel tempo, la regista ha fatto del suono un lavoro e una filosofia di vita. Tutto ha avuto inizio durante la realizzazione di un documentario precedente a SOA, un progetto che ha portato Raquel a raccogliere storie e conversazioni da diversi posti.
Gli studi di Raquel Castro sul suono hanno portato anche all’approfondimento del concetto di soundscape: il campo di studio del design acustico che fa principalmente riferimento all’ambiente acustico naturale, consistente nei suoni delle forze della natura e degli animali, inclusi gli uomini. SOA attraversa svariati temi nella narrazione di contesti sociali e urbani, abituando lo spettatore ad un ascolto più cosciente. Insomma, il soundscape influenza noi stessi e noi stessi siamo responsabili per il suono che generiamo; un concetto molto attuale se facciamo riferimento ai diversi tipi di inquinamento acustico.
Le riprese di SOA sono state fatte a Lisbona, San Miguel, Londra, Berlino, Glenshee, Oporto e Valparaíso: dei luoghi che illustrano sia visivamente che musicalmente questo documentario, il quale tenta di evocare emozioni dal semplice ed essenziale atto dell’ascolto. Non ci resta dunque che aprire bene le orecchie e ascoltare quello che la terra ha da dirci: le sue storie, i suoi conflitti, le sue lotte contro i rumori che noi stessi provochiamo.
Miriam Russo