Verso la sostenibilità
“Quella che stiamo attraversando adesso è una fase di transizione ” ha spiegato il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa in occasione della presentazione de “Il piano Nazionale Integrato Energia e Clima al 2030 “verso le energie pulite. Fino ad oggi, per ogni miliardo speso in fonti fossili, si producono circa cinquemila posti di lavoro, mentre per ogni miliardo speso nelle rinnovabili se ne ottengono 15 mila. Per fare questo si dovrà mettere in campo una transizione equilibrata che ci dia tempo di organizzare le nuove produzioni e porti ad un aumento dei posti di lavoro“.
Questo piano di sviluppo, portato avanti da organismi statali e sovranazionali, ben si accorda anche con le nuove tendenze green per il settore tessile e moda, che rappresenta la seconda industria più inquinante al mondo e nella quale la competizione è tra brand che si fronteggiano sul mercato mondiale.
L’industria della moda può essere green. Una storia di eccellenza tutta italiana, è stata portata avanti da Donne in Campo di Cia-Agricoltori italiani e Ispra. Hanno raccontato nel libro “Filare, tessere, colorare, creare” i segreti per produrre tessuti a partire da filati organici di cipresso, sughero, eucalipto e faggio e per produrre tinte naturali partendo da scarti agricoli come le foglie del carciofo bianco, le tuniche delle cipolle ramate o le scorze del melograno.
Questo progetto, presentato a Roma il mese scorso, ha conquistato un posto d’onore al Palazzo di vetro delle Nazioni unite di New York perché è stato riconosciuto come innovativo, realistico e a basso impatto ambientale. Infatti, la richiesta dell’Onu per il futuro è di pensare e proporre soluzioni che superino i modelli prevalenti nell’ottica di vivere entro limiti sostenibili.
L’alpaca in Italia
Accanto a questa realtà ce ne sono altre di nuove ed interessanti, come ad esempio la creazione del primo allevamento di alpaca in Italia, un animale della famiglia dei camelidi che si alleva per utilizzarne la lana, costruendo così una filiera completa dell’agro-tessile, dal gregge con la tosatura e la filatura, fino al confezionamento di maglioni, sciarpe e coperte.
Il futuro del tessile della nostra economia, secondo i maggiori esperti, deve necessariamente andare incontro alla produzione sostenibile di fibre e tessuti da fonti naturali e di recupero.
Economia circolare
La cosiddetta economia circolare altro non è che il riutilizzo consapevole e mirato di materiali di recupero. E se pare che metà degli Italiani sia disposta a pagare di più per dei vestiti green, ciò a cui bisogna fare fronte è la crescita della produzione mondiale di indumenti, che nel 2030 toccherà un picco del +63% rispetto alla quella attuale. Se si pensa che al giorno d’oggi, con le tecniche di produzione industriale standard, per produrre una maglietta servono 2700 litri d’acqua, ben si capisce quale possa essere l’impatto ambientale se i metodi produttivi rimanessero gli stessi.
La sfida di “Wrad”. Lo sa bene anche Matteo Ward, vicentino di 30 anni, che dopo essersi licenziato dalla posizione di manager per Abercrombie & Fitch, nel 2015 fonda la sua start-up di moda ecosostenibile, Wrad.
“Agli ignari consumatori non viene mai detto che il prezzo dei capi che acquistano è spesso pagato con le stesse vite dei lavoratori nel sud est asiatico, non viene mai detto che l’industria della moda è la seconda più inquinante al mondo, non viene mai detto che per produrre un paio di jeanes si consumano 9000 litri di acqua”.
Con queste parole, pronunciate nel maggio 2018 in occasione di una lezione tenuta all’Università di Verona, Matteo Ward ha sottolineato come la conoscenza del sistema produttivo e la coscienza dei manager d’azienda siano fattori importanti per rinnovare il mercato.
L’alternativa nata da questa iniziativa parte da prodotti di scarto di altre lavorazioni industriali, come la grafite, per riutilizzarli come materia prima per la produzione tessile sfruttando una tecnica di tintura già utilizzata dagli antichi Romani, completamente ecologica e a bassissimo impatto in fatto di dispendio di risorse. La sua start up è stata segnalata dall’Onu come una delle quattro di interesse globale.
Di sicuro, se c’è ancora spazio per i giovani e l’innovazione, resta il fatto che non si può rimanere passivi ad aspettare il cambiamento, ma ognuno può dare una spinta nel suo piccolo verso la giusta direzione comune.
Francesco Novella
1 Commento
Bravo. Non avrei mai pensato che servisse così tanta acqua per un jeans. Articolo interessante