“Make our planet great again“. È stato uno degli slogan utilizzati da Emmanuel Macron durante la corsa elettorale che lo ha portato all’Eliseo nel 2017. Una frase che richiama in modo provocatorio il noto motto di Donald Trump, “Make America great again”, con cui il futuro Presidente della Repubblica francese ha sottolineato fin da subito il suo impegno a combattere i cambiamenti climatici e che ha messo le tematiche ambientali al centro dell’agenda politica di uno dei Paesi europei più importanti e rappresentativi.
Un sogno, trasformato ora in un incubo.
Perché, dopo il duro colpo subito a fine di agosto con le dimissioni del Ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot, ora Macron e il suo governo si trovano a dover fronteggiare l’ormai celebre protesta dei gilet gialli, partita proprio come forma di contestazioni per il caro benzina imposto dall’esecutivo transalpino e trasformatasi in poco tempo in una contestazione popolare di enorme portata, che ha sancito e confermato un dissenso ampiamente diffuso nei confronti del Presidente Macron.

Foto di Lucas Barioulet
Come si è passati dall’attuazione di una riforma che, almeno all’apparenza, doveva favorire una politica amica dell’ambiente a proteste di piazza che nelle ultime settimane sono culminate in vera e propria guerriglia urbana?
Hulot, “lasciato solo” con l’ambiente
Non un primo campanello di allarme, ma un tonfo fragoroso e dal significato simbolico enorme. Le dimissioni di Nicolas Hulot, già leader del movimento ambientalista francese, hanno lasciato degli strascichi importanti. In primo luogo era uno dei membri del governo francese più amati e popolari e, inoltre, era uno dei simboli della lotta ai cambiamenti climatici di Macron. Il suo “Mi hanno lasciato solo” è stato un chiaro segnale del fatto che qualcosa non andasse nelle politiche ambientali francesi, a suo dire troppo poco incisive, se non nulle, su numerose questioni cruciali.
Caro carburante = Mobilità sostenibile. L’equazione non funziona
Può l’aumento del prezzo del carburante favorire una conversione ecologica della mobilità?
Il governo francese sta mettendo in pratica una vera e propria politica anti auto: all’incremento già registrato negli ultimi mesi del prezzo di benzina e gasolio, il governo si è messo al lavoro per imporre regole più severe e pene più incisive per le infrazioni stradali. Come se non bastasse, a partire da gennaio 2019, sono previsti ulteriori rincari che hanno spinto i manifestanti a scendere in piazza.
La logica è molto simile a quella applicata con le sigarette: ne aumento il prezzo per ridurne il consumo. Ma, mentre le sigarette rappresentano un vizio, i cui effetti negativi sulla salute sono ampiamenti dimostrati, l’utilizzo dell’auto è una necessità per buona parte dei cittadini, che non possono rinunciarvi per questioni di lavoro e semplicemente logistiche. Introdurre incentivi per le auto elettriche o ibride è sicuramente uno strumento utile per favorire un passaggio ad una mobilità sempre più green ma restano comunque delle misure rivolte a una fascia di popolazione con potere d’acquisto medio-elevato. A essere penalizzate, dunque, sarebbero proprio le fasce della popolazione già in difficoltà, che non vedono i rincari e gli incentivi come l’opportunità per convertirsi a una mobilità più sostenibile ma semplicemente come un’ingiustizia che peserà ulteriormente sull’economia famigliare. Non è un caso che la protesta dei gilet gialli goda di un consenso elevatissimo, mentre la popolarità di Macron è crollata al 25%.

Foto di Jessica Podraza
La lotta ai cambiamenti climatici può essere combattuta solo dalle fasce sociali più benestanti e andare a discapito di chi riversa già in una situazione difficoltosa? È questa la politica ambientale che vogliamo?
Una politica ambientale di tutti e per tutti
Consapevolezza, condivisione e inclusione.
L’ambiente va amato e non può essere causa, seppur indiretta e involontaria, di guerra urbana e scontri. Per l’attuazione di una politica ambientale efficace è necessario fare un profondo lavoro di sensibilizzazione, condividere le misure da attuare in modo democratico e partecipato e permettere a tutti di far parte della rivoluzione green che stiamo aspettando.
La protesta dei gilet gialli non credo trovi origine nella volontà di difendere solamente gli interessi privati, a discapito dell’ambiente, ma al contrario credo che abbia radici più profonde, che risiedono nell’impossibilità delle fasce più bisognose di autodeterminarsi ed essere parte attiva e non vittima sacrificale di un cambiamento urgente e necessario.
Fino a quando le politiche ambientali non saranno inclusive la rivoluzione green non avrà mai inizio: “Make our planet great again, together!”.
Thomas Ducato