Dal 2008 al 2014, oltre 150 milioni di persone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi: secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), tempeste e alluvioni hanno rappresentato l’85% delle cause di sfollamento per motivi ambientali, seguite dai terremoti.
L’uragano Irma che ha devastato la Florida, Cuba e i Caraibi, il terremoto del Messico, le alluvioni e frane in India, Nepal e Bangladesh, senza dimenticare le inondazioni che hanno colpito l’Europa del Sud e la siccità che attanaglia parte dell’Africa e dell’America Latina, sono tra le sfide ambientali che varie popolazioni nel mondo devono affrontare.
Gli effetti del cambiamento climatico interagiscono inoltre con variabili di tipo socio-economico e con le politiche di uso del suolo e di gestione delle risorse naturali, complicando il quadro normativo e i piani di intervento a sostegno delle popolazioni locali.
Usiamo i termini giusti: profughi climatici o profughi ambientali?
Quando si parla di migrazioni la terminologia è molto importante, cerchiamo quindi di fare chiarezza: i profughi ambientali in genere sono costretti a lasciare la loro terra per problemi ambientali a insorgenza rapida – frane, eruzioni, inondazioni, terremoti -, oppure per problemi a insorgenza lenta, come siccità, desertificazione e salinizzazione.
Si parla, invece, di profughi climatici quando determinati eventi ambientali sono causati dai cambiamenti imposti dall’uomo, come l’industrializzazione forzata o l’inquinamento.
Migrare per “cambiare aria”
La maggior parte dei migranti ambientali cerca riparo e una nuova casa all’interno dei confini del proprio Paese, attraverso delle migrazioni interne. Una tendenza, che viene mostrata anche dalla mappa interattiva creata dalla Carnegie Mellon University di Pittsburgh.
Quindi le persone che si spostano da una zona all’altra del proprio Paese, vanno ad aumentare il disagio di luoghi, già poveri di risorse, creando profonde tensioni e guerriglia che possono fungere da spinta per migrazioni più lontane.
Il debito ecologico
Le popolazioni con stili di vita consumistici, che danneggiano l’ambiente, hanno un debito ecologico nei confronti delle popolazioni più povere, che senza i fondi necessari non riescono a sviluppare soluzioni per adattarsi al cambiamento climatico.
Inoltre, politiche irresponsabili, come l’aumento della cementificazione del suolo o pratiche agricole che riducono la capacità del terreno di assorbire l’acqua e l’accorpamento di terre, “land grabbing”, amplificheranno gli effetti dei cambiamenti climatici, ponendo le premesse per migrazioni forzate.
Quale protezione per chi è vittima di disastri naturali?
I disastri ambientali costringono milioni di persone a fuggire, ad abbandonare la casa, il lavoro e la vita che conducevano, ma anche se ogni anno le vittime di disastri naturali aumentano il diritto internazionale non riconosce lo status di rifugiati a queste persone, che quindi rimangono senza protezione.
Cosa dice la Convenzione di Ginevra sui profughi ambientali?
La Convenzione di Ginevra del 1951 concede lo status di rifugiato solo a chi è perseguitato per razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche, e all’ambiente o alle variabili climatiche non si fa riferimento.
Come affrontare il problema?
Nei mesi scorsi, l’allora segretario generale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), Lamberto Zannier, aveva dichiarato in un’intervista all’ Osservatorio Diritti: «Purtroppo c’è una sottovalutazione dell’impatto del fenomeno ambientale sulle migrazioni e sui flussi dei rifugiati. Per questo credo che sarebbe opportuno riconoscere l’esistenza di questo problema e accordare protezione anche ai rifugiati climatici».
Le migrazioni sono un fenomeno complesso e multidirezionale, che non si riduce solo a ragioni economiche, sarebbe quindi il caso di orientare e gestire con consapevolezza questi flussi, ma ad oggi manca una forte cooperazione in ambito internazionale, in grado di trasformare il problema in risorsa.
Lucrezia Melissari