Il Film Festival della Lessinia proietta sullo schermo del Teatro Vittoria “Primascesa – la montagna creata dall’uomo”, un film provocatorio, fin dal titolo: il primo esempio di scalata di una montagna di immondizia e rifiuti per sfidare un ambiente creato dall’uomo e poi abbandonato a se stesso. Un lungometraggio impattante, un’idea che è in realtà una sorta di sfida sia nei confronti di se stessi sia nei confronti dell’essere umano (e delle conseguenze della sua esistenza su questo pianeta). Ma perchè una scelta tanto forte?
Paradossalmente il luogo che per l’opinione pubblica è quello più contaminato per noi è risultato incontaminato, perché abbandonato, non toccato dalla presenza umana, in ogni senso.
Sostiene Simon Sartori, uno dei protagonisti del film che ha compiuto l’impresa della scalata.
Un’esperienza difficile e unica, che aveva più incognite che certezze sin dal momento in cui è stata concepita. Affidarsi all’istinto e concentrarsi sul messaggio principale da comunicare è stata da sempre l’unica cosa che conta per affrontare l’impatto ambientale in questo modo.
Non sapevamo come avrebbero reagito i ramponi, non sapevamo come avrebbero reagito gli sci, fino alla fine non sapevamo se saremmo riusciti a scendere dalla montagna perché non ne conoscevamo la pendenza.
Dichiara Leonardo Panizza, regista del film. Una missione che è un tentativo di riaccendere le coscienze e rendere gli spettatori consapevoli di ciò che accade una volta finito il pacco di patatine o quello del caffè.
Il film non nasconde nulla e non ha paura di mostrare la parte peggiore della montagna di immondizia che domina su tutto il paesaggio circostante. Una scalata fisicamente stancante che diventa un vero e proprio viaggio emotivo. Lo specchio di ciò che stiamo vivendo è tangibile, ha una consistenza precisa e un odore forte. Il regista e gli attori infatti hanno deciso di evitare l’utilizzo di mascherine, cercando di vivere l’esperienza appieno, includendo il disturbo di una puzza costante e permeante, invadente, impossibile da comunicare attraverso le riprese. La musica dunque accompagna il mood emotivo, diventa l’esigenza di scuotere gli animi e di rendere dinamica la narrazione lineare. Il regista ha fatto in modo che fosse disturbato un altro senso decidendo per una musica esasperante che accompagnasse le riprese già forti e immediate, non potendo comunicare gli odori forti che rendevano la salita ancora più complicata. Come scelta di stile sono state scelte melodie elettroniche miste a tecno e grunge, che si alternano a lunghi silenzi, realistici e disarmanti, proprio per cercare di includere lo spettatore all’interno della scalata, intensa e inusuale, dando spazio ai respiri e alla fatica.
https://www.youtube.com/watch?v=AdOcgjWiSyA
Alla fine ci si chiede, infatti, se sia più evidente la presenza di una musica quasi aggressiva e volontariamente disturbante o il peso del suono del silenzio. Il canto liberatorio finale diventa il modo per rendere la loro avventura una ulteriore esperienza musicale, stavolta più oculata e mirata.
E la natura? Compare nel film, reagisce, sopravvive, si scontra con l’ambiente e si nutre come può. Gli animali inquadrati sono lì per caso, inaspettatamente, mentre si adattano, cibandosi del poco verde attorno alle buste di plastica e ai contenitori di ogni genere. D’altronde, come lo stesso film dichiara, “i rifiuti in montagna sono inaccettabili, ma anche una montagna di rifiuti lo è.”
L’impatto ambientale dell’essere umano sul nostro pianeta non è mai stato raccontato in modo più originale ed innovativo: uno storytelling che noi di Log to Green consigliamo a tutti!
Giovanna Delvino