La soia è uno dei legumi più presenti nella dieta vegana, non c’è dubbio. È versatile e ricca di proteine e nutrienti, oltre ad avere un costo abbordabile. Tempeh, tofu, latte di soia, “hamburger” vegani e farina… tutto molto buono, ma l’attenzione si sta spostando dall’etica animale a quella ambientale.
La dieta vegetariana o vegana, infatti, ha convinto non solo le persone contrarie all’uccisione degli animali, ma anche le persone sensibili alle tematiche ambientali per le emissioni di CO2 e altri gas serra inquinanti causate dagli allevamenti. Le polemiche però sono sempre dietro l’angolo e la più recente in questo senso sembra essere proprio quella verso la soia.
Il costo ambientale
I principali produttori di soia, circa il 64% della produzione mondiale, sono il Brasile e gli Stati Uniti. Il Brasile rappresenta uno dei maggiori esportatori e i recenti incendi dell’Amazzonia hanno riportato l’attenzione sul costo della produzione di questi alimenti. Un umano che mangia la soia, però, ha poco a che fare con la deforestazione dell’Amazzonia e i conseguenti incendi che ne mettono a rischio l’ecosistema. Infatti, solo il 6% della soia prodotta globalmente è a uso alimentare umano, il resto è destinato al mangime per animali. Il 40% della soia importata in Italia per questo scopo proviene proprio dal Brasile, teoricamente da zone non deforestate. Teoricamente.
Soya Moratorium
Dal 2006 è in atto un “soya moratorium”, un accordo che impegna le aziende a non comprare soia proveniente da zone deforestate della foresta amazzonica, creando una lista nera di contadini e aziende che non rispettano l’ambiente e i lavoratori. Questo però non ha impedito che la deforestazione continuasse, anche a causa di scappatoie. La soia spesso, infatti, viene piantata negli acri di terra prima dedicati al bestiame, che viene spostato in zone appena deforestate. In più l’accordo prende in considerazione solo 85 comuni, con almeno 5.000 ettari destinati alla produzione. Viene quindi escluso lo Stato di Amazonas, e proprio in questa regione composto in gran parte da foresta, le aree destinate alla coltivazione della soia sono aumentate del 47% nell’ultimo anno. Il divieto sembra quindi non essere molto efficace.
Ridurre la carne
Come abbiamo già detto non è necessario diventare vegani per salvare il pianeta, ma mangiare con maggiore consapevolezza. Ridurre il consumo di carne, comprare cibo locale ed evitare quello importato (come avocado, mango o altra frutta e verdura fuori stagione). La nostra dieta può effettivamente dare un grande contributo alla lotta al cambiamento climatico, ma come ogni cosa deve essere ragionata e consapevole.
Silvia Pegurri