L’alluvione che ha colpito Venezia nelle ultime settimane ha messo in evidenza un problema presente da molto tempo: il MOSE. Un’infrastruttura che, il problema, avrebbe dovuto risolverlo già da temp, ma la cui costruzione si è dimostrata un’epopea infinita.
Cos’è
Si tratta di un progetto, il Modulo Sperimentale Elettromeccanico per la difesa di Venezia dalle acque particolarmente alte, la cui frequenza è aumentata notevolmente negli ultimi cinquant’anni. Si tratta di una schiera di paratoie mobili a scomparsa nelle bocche di porto, che possono bloccare il flusso e riflusso della marea di Chioggia, Lido e Malamocco, isolando temporaneamente Venezia.
Una volta ultimato dovrebbe proteggere Venezia da maree fino a tre metri: nonostante il progetto sia cominciato nel 2003, però, non è ancora completo.
La storia
L’idea del MOSE è nata a seguito della disastrosa alluvione del 4 novembre 1966, nella quale l’acqua alta a Venezia ha raggiunto i 194 cm. Segue la legge speciale (Legge n. 171/1973) per dichiarare il problema della salvaguardia di Venezia di interesse nazionale. Viene quindi indetto, nel 1975, un appalto per la risoluzione del problema, ma che non diede esiti dato che nessun progetto garantiva un’adeguata soluzione.
Nel 1984 venne istituito il Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo degli interventi a Venezia, per gestire il cosiddetto “Progettone”, ovvero il complesso di attività di salvaguardia. Queste prevedevano la messa in sicurezza delle discariche e dei canali, il ripristino di habitat come i bassi fondali e sistemi di difesa contro le mareggiate come bocche mobili alle bocche del porto, tra le quali sperimentazioni su un nuovo tipo di paratoia (l’antenato del MOSE).
Solo nel 2002 viene presentato il progetto definitivo, che prende il via il 3 aprile 2003. Alla sua costruzione concorrono lo Stato italiano, la Regione del Veneto e le Amministrazioni Comunali.
Gli intoppi
Non tutto è però andato come previsto. Il 28 febbraio 2013 scatta l’indagine per frode fiscale e vengono arrestati Piergiorgio Baita e altri amministratori della società “Ing. E. Mantovani Spa”. Dopo due mesi vengono arrestate altre 14 persone per la scoperta di presunti fondi neri in Austria.
I problemi giudiziari non finiscono qui: il 4 giugno 2014 vengono arrestate 35 persone per un circolo di tangenti. Tra le persone coinvolte anche l’ex presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan, accusato di corruzione e condannato in Corte dei Conti a risarcire 764mila euro.
Una nuova amministrazione
Nel 2014, a seguito degli scandali, l’Autorità Nazionale Anticorruzione propone di adottare misure per una gestione straordinaria del Consorzio Venezia Nuova (costituito per realizzare opere per la salvaguardia di Venezia). Vengono quindi nominati tre amministratori straordinari per assicurare la conclusione dell’opera. La data prevista per la fine dei lavori è stata fissata per il 2018.
La situazione attuale
Al momento la somma spesa per il MOSE, tangenti e irregolarità comprese, arriva a 5,5 miliardi di euro. Eppure non è ancora pronto: nel 2019, infatti, sono previsti solamente dei test di sollevamento per tarare le parti meccaniche e il software. Questo è necessario per affrontare situazioni estreme di vento, che creano onde violente che tendono ad abbassare le paratoie. Il software serve proprio a impedire questa situazione, correggendo la posizione delle paratoie. Deve però essere ancora settato, senza questi test infatti il rischio è che l’onda le scavalchi, creando comunque danni alla città e alle altre paratoie.
Oltre a questo ci sono iter burocratici da seguire e personale da trovare e formare. Per mettere in funzione il MOSE, infatti, sono necessarie quattro squadre, una per schiera, di una ventina di persone ciascuna.
Mancano quindi i test preliminari e il collaudo finale, che dovrebbe arrivare entro il 31 dicembre 2021.
Silvia Pegurri