Spesso si tende a giudicare ciò che non si conosce per categorie: bianco o nero, senza sfumature. Eppure esistono argomenti che necessitano di un approfondimento per capire davvero dove poterli posizionare. Uno di questi è sicuramente l’energia nucleare.
Non è certo nuovo che il nucleare si trovi, in questo momento storico, al centro di molte discussioni: chi contro e chi a favore. C’è chi in ogni caso, tramite questa risorsa, cerca di rendere il mondo migliore. E questo è anche l’ambizioso obiettivo del MIT, Massachusetts Institute of Technology, che nei prossimi 15 anni tenterà di rendere disponibile la fusione nucleare come fonte energetica. Il progetto SPARC, realizzato insieme all’azienda Commonwealth Fusion Systems, fondata dallo stesso MIT, sarà sostenuto anche dall’italiana Eni, che parteciperà con 50 milioni di dollari.
Prima, però, è necessario fare qualche passo indietro per capire di cosa si sta parlando davvero.
IL “NUCLEARE”

Foto di Thomas Millot
Chernobyl e Fukushima hanno demonizzato la parola “nucleare” nell’immaginazione di molti. Eppure, proprio come si diceva in apertura, spesso la realtà è più complessa e variegata, come ci ha spiegato Matteo Passoni, ingegnere nucleare e docente di Fisica dei Plasmi e Fisica del Nucleo al Politecnico di Milano: “La parola nucleare è bene che non spaventi. Prima di associarla solo ad aspetti negativi e pericolosi si deve ragionare.” , afferma l’ingegnere. “Per esempio, se si pensa alla parola nucleare una delle cose che possono venire in mente è la medicina nucleare: una branca fondamentale della medicina per numerosi aspetti, che hanno a che vedere con la diagnostica medica, la terapia per la cura dei tumori e per studi biologici nei quali si fa uso di tecniche che richiedono la manipolazione di radiazioni nucleari. La parola nucleare può far venire in mente anche il Cern, Consiglio europeo delle ricerche nucleari, uno dei fronti più interessanti e noti della ricerca fondamentale per avanzare la conoscenza dell’umanità; si può pensare, inoltre, a tutte le tecniche nucleari che vengono utilizzate in ambito industriale, nell’ingegneria spaziale, per lo studio e la produzione di materiali innovativi che vengono impiegati in molti settori della tecnologia, fino al loro utilizzo per lo studio dei beni culturali. Certo” – continua Passoni – “qualsiasi attività umana è connessa all’esistenza di possibili incidenti. In questo senso, per quanto strano possa sembrare, le tecnologie nucleari sono certamente da considerarsi tra le più sicure. Il nucleare dovrebbe quindi essere associato anche ai suoi numerosi aspetti positivi, benefici e fondamentali per l’umanità”.
MA CHE COS’È LA FUSIONE NUCLEARE?
Per quanto riguarda l’aspetto legato alla componente energetica è bene fare una prima, importante, distinzione tecnica: “La fissione è una fonte oggi disponibile, che a partire dagli anni ’60 contribuisce in modo importante alla produzione di energia elettrica nel mondo (è stato così anche in Italia, che in quegli stessi anni era la terza nazione occidentale in termini di produzione di energia elettrica da fissione nucleare). La fusione ancora no: è un’attività di ricerca.” – spiega il docente – “Dal punto di vista del processo fisico, in entrambi i casi, quello che si fa è liberare l’energia contenuta nei nuclei atomici. In particolare, nella fissione i nuclei pesanti rompendosi liberano energia, mentre nella fusione questo avviene fondendo nuclei leggeri. Per quanto riguarda la fusione nucleare, la ricerca è iniziata negli anni ’50 ma non è ancora stata realizzata una macchina che sia in grado di produrre energia elettrica da fusione, a causa di alcuni problemi complessi che sono ancora oggi da risolvere”.
UNA FONTE “COMPLETAMENTE” SOSTENIBILE?
Eppure, puntando l’occhio alla salute dell’ambiente, le prime dichiarazioni di MIT ed Eni parlano di un processo di produzione energetica a emissioni zero e senza scarti radioattivi. Una conquista importante per il futuro, soprattutto in considerazione della quantità di energia nucleare di cui si fa uso oggi (in Europa si parla di 1/4 della produzione totale di energia elettrica). Stando al professor Passoni, “dal punto di vista della sostenibilità ambientale, la fusione nucleare potrebbe permettere alla macchina di avere ridotte problematiche per quanto riguarda la gestione di rifiuti radioattivi, ma non di certo nulle. Anche in questo, come in tutti i settori prima menzionati, è quindi fondamentale sfruttare le conoscenze e le tecnologie sviluppate nell’ambito della radioprotezione. I motivi per cui si parla di alto potenziale rispetto alla sostenibilità della fusione nucleare sono rappresentati dalle sue numerose attrattive: combustibile abbondante, praticamente inesauribile, diffuso e a basso costo, assenza di emissioni in atmosfera, ridotte problematiche di gestione di rifiuti radioattivi. Inoltre, riuscire a portare avanti l’obiettivo di costruire un impianto basato sulla fusione nucleare implica lo sviluppo di tecnologie estremamente avanzate in molti settori e ciò potrebbe rappresentare una forte spinta per proseguire il nostro sviluppo nel campo scientifico e tecnologico“.
SPARC vs ITER

Foto di Jakob Madsen
La tecnologia pensata per SPARC arriverebbe a superare anche quella di ITER, International Thermonuclear Experimental Reactor, la macchina frutto di una collaborazione internazionale in fase di costruzione in Francia, a cui stanno partecipando Unione europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India e Corea del Sud. In particolare, per la macchina del MIT “si fa riferimento allo sviluppo di una tecnologia di magneti di nuova concezione, rispetto a quelli finora utilizzati, per creare campi magnetici più elevati per confinare la materia (il plasma – all’interno della quale possono avvenire reazioni di fusione nucleare) in maniera più efficiente”, afferma Passoni. “Ci sono, però, numerose altre problematiche che vanno fronteggiate e risolte per costruire un impianto che produca energia elettrica e, finora, non sono disponibili informazioni sufficienti per esprimere un parere consapevole e capire come verranno affrontate e risolte queste difficoltà. Si è anche affermato che si riusciranno a ridurre le dimensioni complessive della macchina, abbassando così i costi e rendendone il funzionamento più semplice, ma non è detto che le ridotte dimensioni possano risultare vantaggiose rispetto a tutti gli aspetti legati al funzionamento della macchina: è noto, ad esempio, che una macchina di ridotte dimensioni potrebbe presentare dei problemi per numerose questioni, come il conseguimento di un guadagno di energia sufficientemente elevato, la gestione dell’interazione tra plasma e parete di contenimento e dell’energia non utilizzata per la produzione di elettricità”.
UN RICERCA LUNGIMIRANTE (?)
Il futuro sembra incerto per il progetto SPARC e più in generale per le ricerche sulla fusione nucleare a cui, tuttavia, si guarda tanto con speranza quanto con diffidenza. Secondo l’ingegner Passoni, se si riuscisse a ottenere dei risultati dalla ricerca sulla fusione nucleare, essa, la fissione e le fonti rinnovabili, potrebbero essere considerati i tre approcci complementari in grado di fronteggiare il problema della sostenibilità ambientale della nostra necessità di produrre energia elettrica. Cambierebbero anche le carte in tavola a livello globale: “ambierebbe in modo importante la dinamica dei rapporti tra Stati, in particolare quelli legati alla dipendenza energetica. Noi come Italia, producendo la gran parte dell’energia elettrica dal gas naturale siamo dipendenti dall’estero per l’acquisto di gas, mentre un altro 10% dell’energia elettrica viene comprato già lavorato. Disporre di una tecnologia come questa aiuterebbe quindi paesi come il nostro ad ottenere una maggiore indipendenza energetica. In questo contesto, l’Italia ha recentemente deciso, in accordo con l’Ue, di costruire una nuova infrastruttura di ricerca sulla fusione nucleare, denominato DTT, Divertor Tokamak Test Facility. Sarà il Lazio, con il sito di Frascati, a ospitare questa nuova infrastruttura di ricerca, dal costo previsto di 500 milioni di euro, la cui entrata in funzione è prevista per il 2025. L’obiettivo principale di DTT sarà lo studio di approcci alternativi all’importante problema dei carichi termici nei futuri impianti a fusione, allo scopo di fornire soluzioni integrate con tutti gli aspetti fisici e tecnologici. Il progetto consentirà alla comunità tecnico-scientifica e alle industrie italiane di mantenere un ruolo di primo piano nel contesto delle ricerche sulla fusione nucleare, offrendo anche alle nuove generazioni opportunità di ricerca e lavoro in questo affascinante e importante settore”.
Giorgia Preti