Molte fonti di energia rinnovabile, come per esempio l’energia eolica, solare e delle onde del mare, sono caratterizzate dal fatto di essere sorgenti energetiche intermittenti. Questo significa che non sono in grado di produrre energia in modo costante e continuativo, ma sono caratterizzate da degli andamenti irregolari e imprevedibili.
L’energia elettrica non può essere accumulata; deve essere generata e consumata allo stesso tempo. Al giorno d’oggi, gli impianti di energia rinnovabile sono ancora limitati e quindi la rete elettrica può gestire con relativa facilità queste poche fonti di energia intermittente senza incorrere in problemi di instabilità o addirittura di blackouts. In un futuro prossimo, per poter sfruttare al massimo i vantaggi delle fonti rinnovabili, bisognerà intervenire sulla rete per stabilizzarla e controllarla. Infatti, più fonti di energia intermittente ci sono connesse alla rete e più questa tende a essere instabile, con il rischio di diventare inaffidabile e inutilizzabile.
L’energia rinnovabile derivante dal mare (onde, correnti e maree) si attesta ad un grado di utilizzo che va dal 35% fino al 70% in condizioni favorevoli. Questo è dovuto all’accumulo energetico che caratterizza i mari e gli oceani; infatti, anche se il vento non soffia più le onde e le correnti possono fornire energia ugualmente. Inoltre, l’energia dei mari presenta una densità molto superiore rispetto a quella eolica e solare e risulta essere anche più prevedibile.
Le tecnologie che traggono energia dai mari
Sono svariati i fenomeni marini che potrebbero essere utilizzati per la produzione di energia e in tale ottica assume particolare rilievo lo sfruttamento dell’energia del moto ondoso. Esistono impianti chiamati a “salto idrico”, nei quali il passaggio delle onde in un canale di larghezza decrescente determina il riempimento di un contenitore sopraelevato rispetto al livello del mare. L’acqua raccolta, durante il deflusso, fa girare delle turbine producendo così elettricità.
Altri impianti sono basati sul principio di Archimede: tali sistemi sfruttano il cambio di pressione che viene generato dall’aumento della colonna d’acqua sovrastante un impianto sommerso che è costantemente soggetto a cicli di compressione e decompressione. Un importante esempio è il progetto Pelamis, nelle acque del Portogallo: si tratta di una struttura galleggiante che è in grado di trasformare l’energia meccanica in energia elettrica.
Anche le Maree sono divenute oggetto di studio, con il loro giornaliero innalzamento ed abbassamento di ampie masse d’acqua dovuto alla attrazione gravitazionale Terra Luna.
L’Energia maremotrice, invece, viene sfruttata da un impianto che fonda il proprio funzionamento su un sistema di bacini che si riempiono e svuotano in funzione delle maree e poi convogliano l’acqua attraverso delle turbine collegate a dei generatori.
In Francia, alla foce del fiume Rance, negli anni sessanta del ‘900 è stata costruita una centrale che sfrutta la marea che in quelle zone raggiunge i 13,5 metri di dislivello. Tale impianto copre ogni anno il 3 % del fabbisogno elettrico della Bretagna francese.
L’Energia talassotermica, indicata comunemente con l’acronimo Otec (Ocean thermal energy conversion), nasce dalla differenza di temperatura tra le profondità oceaniche e la superficie marina. Le installazioni necessarie per incamerare questa tipologia di energia necessitano però di un luogo adatto, come le zone tropicali, infatti esiste un sistema in funzione nelle isole Hawaii.
L’Energia osmotica, detta anche a gradiente salino, sfrutta la differenza di concentrazione di sale tra acqua dolce e acqua di mare. I sistemi per la gestione dell’energia a gradiente salino contengono al loro interno due compartimenti, separati da una membrana semipermeabile: uno di essi contiene acqua dolce, mentre l’altro contiene acqua salata. L’acqua salata, a differenza di quella dolce, presenta un’elevata concentrazione salina. Per tale motivo, in corrispondenza della membrana si instaura un gradiente di concentrazione. Le molecole di acqua presenti nell’acqua dolce tendono naturalmente a trasferirsi nell’acqua salata, in modo da equilibrare le concentrazioni saline delle due soluzioni acquose. Il passaggio dell’acqua attraverso la membrana genera una variazione di pressione, che viene detta “pressione osmotica” e quest’ultima può essere utilizzata per generare energia. Dal 2005 è attivo un impianto sperimentale di questo tipo da 50 kW, situato ad Harlingen nei Paesi Bassi.
Il percorso verso una piena ed efficiente utilizzazione delle potenzialità dei mari è ancora lungo, la ricerca ha ancora molta strada da compiere ed è necessario far conciliare lo sviluppo di questi sistemi con la necessità di preservare l’integrità dell’ambiente marino, ciò nonostante si dimostra una sempre maggiore attenzione verso questa importante fonte di energia rinnovabile.
Possibili problematiche
La conversione dell’energia dalle onde del mare o dalle maree, indipendentemente dalla tecnologia, può intralciare la pesca commerciale, in particolare quella con reti, soprattutto nel caso di grossi impianti posti in mare aperto. Zone interdette alla pesca vengono richieste in continuazione da parte di ecologisti dato che molti mari vengono sfruttati, quindi una totale cessazione della pesca commerciale in queste zone potrebbe portare delle conseguenze positive.
La conversione di energia dalle onde può avere diversi effetti sulle onde stesse, modificandone dimensioni e frequenza, maree e correnti di deriva. Una riduzione dell’energia delle onde può influenzare la natura della costa e delle aree in cui l’acqua è bassa. Questo a sua volta può ripercuotersi sulla fauna e flora acquatica. Le alterazioni possibili al regime delle onde e delle maree possono inoltre causare dei cambiamenti nella composizione delle coste e nella sedimentazione.
Saranno quindi necessari studi approfonditi per poter permettere l’applicazione di queste promettenti tecnologie preservando l’ecosistema marino.
Francesco Novella