Ogni anno vengono scaricati in mare 8 milioni di tonnellate di plastica che causano danni per oltre 8 miliardi di dollari, creando inoltre gravissimi problemi agli ecosistemi marini e compromettendo l’intera catena alimentare. Ma non basta più preoccuparsi solamente della plastica che galleggia in mare, il problema è ormai diffuso anche sotto la sua superficie, fin nelle profondità delle fosse oceaniche.
Plastica a 11 mila metri di profondità
Le profondità del mare sono ancora per la maggior parte inesplorate e si potrebbe pensare siano un santuario incontaminato, ma non è così. Victor Vescovo, un ufficiale della marina in congedo, a bordo del sottomarino Triton 36000/2 Limiting Factor si è immerso fino a quasi 11 mila metri di profondità nella Fossa delle Marianne e ha potuto osservare con sconcerto che i rifiuti prodotti dall’uomo sono arrivati fino a lì.
Vescovo – che scendendo a 10.928 metri ha stabilito un nuovo record di immersione – rispondendo ad un’intervista per l’agenzia di stampa Reuters dice: “Non sono stato completamente sorpreso ma devo ammettere di essermi davvero mortificato nel vedere segni di contaminazione nel punto più profondo dell’Oceano”.
“Il paesaggio lì sotto sembra quello lunare, eppure ci sono moltissime forme di vita. Continuando a scandagliare il fondale marino ho scoperto quelli che a prima vista sembravano uno o due pezzi di materiale prodotto dall’uomo, non saprei dire se di plastica o metallo, uno di questi aveva una scritta stampata sopra”.
Micro particelle di plastica dentro gli organismi degli abissi
Lo scopo della missione, oltre raggiungere il Challenger Deep, ovvero il punto più profondo della Terra, è quello di raccogliere rocce e materiali organici dalla Fossa delle Marianne in modo da farli analizzare da alcuni esperti.
I ricercatori verificheranno se anche questi minuscoli organismi delle profondità marine hanno ingerito plastica, come quelli analizzati nel 2017 da una spedizione della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) recuperati a 6.000 metri di profondità.
Il precedente studio della Newcastle University, pubblicato sul Royal Society Open Science Journal, mostrava che lo stato di salute di luoghi idealmente inaccessibili, come la leggendaria Fossa delle Marianne, non era roseo come ci si aspetterebbe.
I ricercatori hanno analizzato una serie di campioni di piccoli crostacei recuperati dagli abissi più profondi ottenendo dei risultati allarmanti: all’interno di tutti gli animali sono state trovate tracce di plastica, dal nylon al pvc, dimostrando quanto in profondità fosse giunta la contaminazione.
Allarme plastica!
Un rapporto degli scorsi mesi delle Nazioni Unite ha ipotizzato che in mare potrebbero attualmente esserci 100 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, ma prima della spedizione di Vescovo nessuno si sarebbe immaginato che potesse essere arrivata così in profondità.
Se anche gli organismi prelevati dalla più recente spedizione di Vescovo avranno al loro interno plastica, potremo dire con amarezza di essere riusciti ad inquinare ogni parte del nostro Pianeta, dall’Himalaya alla Fossa delle Marianne.
L’Europa contro le plastiche monouso
Pochi mesi fa una balena incinta è stata trovata spiaggiata sulle coste della Sardegna con oltre 20 chili di plastica nello stomaco e tutti i giorni centinaia di animali, tra i quali pesci, delfini uccelli e tartarughe muoiono poiché ingeriscono accidentalmente questo materiale scambiandolo per cibo.
Molti Paesi Europei si stanno ormai rendendo conto che l’emergenza deve essere affrontata con leggi per proteggere l’ambiente marino, ma anche sensibilizzando i cittadini ad un consumo di materiali plastici più attento.
L’Unione Europea, entro il 2021, metterà al bando gli oggetti di plastica monouso come piatti, cannucce e cotton fioc, proprio per cercare di ridurre l’inquinamento dei nostri mari. Ma delle isole di plastica che ormai attraversano gli oceani chi se ne occuperà?
Lucrezia Melissari