Il 21 settembre si festeggia ogni anno la Giornata internazionale della pace, istituita dalle Nazioni Unite nel 1981 per promuovere nel mondo i valori del pacifismo e della non violenza. “Si festeggia” … si fa per dire. Perché c’è davvero poco da festeggiare. Stando ai numeri riportati dall’edizione 2018 dell’Atlante delle guerre e dei conflitti, pubblicazione che annualmente registra gli scontri bellici del Pianeta, sono 34 le guerre in corso e interessano un Paese su cinque. Le ragioni dei conflitti sono prevalentemente di natura economica e legate alla volontà di controllo su economie e risorse. È proprio qui, in questo contesto, che si inseriscono le crisi ambientali, che con la loro forza devastante stanno minando in misura sempre maggiore un’equa distribuzione e la disponibilità delle risorse naturali che ci permettono di vivere.

Foto di Ryan Cheng
Crisi ambientali e guerra. La storia ci insegna che molte delle guerre e delle rivoluzioni nascono dalla mancanza di cibo e acqua. Ed è proprio quest’ultima, definita non a caso “Oro Blu”, la risorsa a destare più preoccupazione per il presente e il futuro. Oltre due miliardi di persone nel Mondo non hanno accesso a fonti idriche pulite e questa situazione ha già causato oltre 300 conflitti. Secondo le stime dell’ONU quattro persone su 10 soffrono la sete, e le previsioni dicono che il futuro sarà ancora più grigio: la difficoltà di reperire acqua nelle zone poco popolate spingerà molte persone a migrare verso le città, che dovranno soddisfare le esigenze di un numero sempre crescente di cittadini. Già oggi il 27% delle persone che risiedono nelle zone più popolate ha difficoltà a reperire acqua potabile: una situazione che non riguarda solo i grandi centri dei Paesi asiatici, africani o del Sud America, ma anche in città ricche come Los Angeles, dove il razionamento delle risorse idriche è una consuetudine. L’Europa per ora sembra esclusa dalla caccia all’acqua (salvo qualche caso particolare, confinato soprattutto nelle isole), ma deve far fronte alle conseguenze delle “guerre per l’acqua” sparse per il mondo. Dopo i conflitti per il petrolio del secolo scorso, potrebbe essere proprio il controllo dell’Oro Blu la causa di molte tensioni e guerre nei prossimi anni: i fenomeni climatici estremi stanno portando all’aumento delle zone di siccità e l’incremento costante e incontrollato della popolazione porterà un aumento delle persone da dissetare. A completare il quadro, infine, le disparità nella distribuzione e lo spreco sconsiderato.

Foto di UX Gun
Guerra e crisi ambientali. I conflitti non mettono a rischio solo le persone direttamente coinvolte, militari e civili, ma l’intero pianeta. L’attività militare, anche grazie alle evoluzioni tecnologiche ad essa collegate, ha impatti devastanti anche a medio e lungo termine, che interessano la natura, il clima e l’ambiente: armi chimiche e nucleari sono solo i casi più noti, la punta dell’iceberg di un universo fatto di test, esperimenti e ricerche scientifiche che noi civili possiamo solo immaginare. L’inquinamento acustico e soprattutto atmosferico causato dai mezzi militari di aria, terra e mare, inoltre, è decisamente elevato. Se le risorse umane, economiche e naturali che i governi mondiali investono annualmente in armi, mezzi bellici e ricerche per scopi militari fossero destinate alla protezione della Terra, forse lo stato di salute del nostro Pianeta non sarebbe tanto preoccupante.
Tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU, oltre alle tematiche ambientali, troviamo, al punto 16, “pace e giustizia”. L’ha ricordato António Guterres, il Segretario Generale, secondo cui “la pace consente di creare società sostenibili e le società sostenibili contribuiscono a promuovere la pace”. Un legame indissolubile quello tra guerra e sostenibilità, dunque, sul quale dovremmo tutti interrogarci: facciamo la guerra per conquistare le risorse, le stesse risorse che con la guerra mettiamo in pericolo. La soluzione di questa equazione sembrerebbe semplice, ma gli interessi collegati a guerre e conflitti vanno oltre la semplice logica. Allora continuiamo a festeggiare la Giornata internazionale della pace, anche se c’è poco da festeggiare.
Thomas Ducato