Ormai da diversi anni conosciamo l’impatto ambientale dell’industria zootecnica e ittica in termini di consumo di risorse alimentari e idriche, inquinamento delle acque, uso delle terre, deforestazione, degradazione del suolo ed emissioni di gas serra.
Dal secolo scorso il consumo globale di carne è aumentato di 5 volte, passando da 45 milioni di tonnellate a 233 milioni di tonnellate nel 2000 e la FAO ha stimato che entro il 2050 arriverà a 465 milioni di tonnellate.
In un’epoca in cui la discussione sui cambiamenti climatici e ambientali sta entrando ormai anche nell’agenda politica, ci si chiede come fare a trovare fonti alimentari più rispettose e sostenibili per l’ambiente: la risposta pare venire da carne e pesce vegan.
Beyond Meat: la carne senza carne
Per rispondere alle necessità di consumatori sempre più sensibili ed eco-friendly, diverse startup e aziende hanno iniziato a sviluppare delle alternative alla carne di origine animale. Tra queste spicca Beyond Meat, un’azienda statunitense che ha già portato sul mercato quella che viene definita “carne-non-carne”: un prodotto di origine proteica completamente vegetale, che ha un sapore e una consistenza molto simili a quelli della carne tradizionale.
Com’è fatta la “carne non carne”?
Attraverso una studiata combinazione tra amminoacidi, lipidi, minerali, vitamine e acqua che potesse imitare la carne, i ricercatori sono riusciti a realizzare la “carne-non-carne” vegetale, che per molti pare proprio diventerà l’alimento proteico del futuro. Sarà davvero così?
Gli ingredienti variano a seconda della tipologia di “carne-non-carne”, ma in genere includono proteine proveniente da piselli, lievito, succo di barbabietola, olio di cocco, amido di patate e molto altro ancora, tutto dosato al grammo per imitare il più possibile la carne.
I valori proteici e nutrizionali
Questi prodotti rispettano di sicuro l’ambiente, ma siamo certi che facciano altrettanto bene alla nostra alimentazione? Una porzione di Beyond Burger da 113 grammi contiene lo 0% di colesterolo e il 32% di proteine, ma anche 20 grammi di grassi di cui 8 saturi, per un totale di circa 300 calorie. Numeri che potrebbero risultare addirittura superiori al alcuni macinati di svizzere tradizionali.
Arriva anche il pesce…senza pesce
Dopo i surrogati della carne, arriva anche il pesce vegano, un’alternativa del tutto vegetale al pesce, in grado di replicarne consistenza e sapore. Il prodotto è stato da poco lanciato sul mercato canadese e statunitense e potrebbe approdare anche in Europa (tra i più famosi produttori ricordiamo l’azienda Impossible Foods, già conosciuta per la carne vegana).
Dai fiori di banano arriva il pesce vegano
Il pesce vegano, nei Paesi dove è già entrato in commercio, ha fatto registrare vendite record. La finta carne è realizzata a partire da diverse verdure, ma c’è anche chi la produce a partire dai fiori del banano che sarebbero in grado di offrire un composto dalla consistenza simile alla carne del pesce.
Al momento sono in vendita filetti di pesce, polpette di granchio, salmone affumicato e gamberetti, tutti rigorosamente vegan, ma l’obiettivo è quello di riuscire a replicare le carni di più specie di pesci, in modo da rendere il più possibile varia la scelta dei clienti.
Anche i fast food diventano vegan friendly
Nell’ultimo anno anche i colossi della ristorazione hanno iniziato a strizzare l’occhio a queste iniziative vegane e non stupisce che la sperimentazione dell’Impossible Whopper di Burger King sia stata un successo, tanto che l’azienda pensa di esportare questo grande classico, ma senza carne, in tutti i ristoranti della catena.
E le pepite e alette di pollo di KFC, sempre grazie a Impossible Foods, potrebbero avere un’alternativa completamente vegana. Ma le cose stanno cambiando anche in Italia: l’hamburgeria gourmet WellDone è infatti tra le sole nel nostro Paese a vendere questi hamburger impossibili e pare che i clienti non manchino!
Non solo motivi etici
Le reazioni davanti a questi nuovi tipi di alimenti sono contrastanti. In molti stanno scegliendo una dieta a base vegetale non solo per ragioni etiche, ma anche per motivi legati alla propria salute, convinti che i prodotti vegetali contengano meno sostanze potenzialmente dannose per la salute (come le microplastiche presenti nei pesci o gli antibiotici negli animali da allevamento).
Queste aziende, che scommettono su prodotti a volte lontani dalle abitudini alimentari della maggior parte delle persone, si scontrano con pregiudizi culturali difficili da contrastare, ma se vogliamo provare a ridurre l’inquinamento e darci una seconda possibilità su questo Pianeta, bisogna cambiare abitudini, anche a tavola.
Lucrezia Melissari