Quando si parla di ambiente, il buco nell’ozono è uno degli argomenti principali e di cui si discute ormai da molti anni. Di cosa si tratta? Cos’è l’ozono? In questa puntata di GreenPedia cerchiamo di capirne un po’ di più.
OZONOSFERA
L’ozonosfera è uno strato dell’atmosfera terrestre, situato tra 15 e 35 km di altitudine, in cui si concentra la maggior parte dell’ozono. Questo gas filtra parte delle radiazioni UV, nocive per la vita, che arrivano sulla terra, causando un innalzamento della temperatura intorno ai 35 km di altezza dalla superficie terrestre.
L’ozono si forma direttamente in stratosfera: non proviene dalla superficie terrestre come altri gas serra, e questo strato funziona come un filtro per le radiazioni ultraviolette, assorbendo completamente la radiazione UV-C, e per il 90% la UV-B. Le radiazioni UV-B hanno un effetto sterilizzante per tante forme di vita, possono innescare la formazione di melanomi e altri tumori, sono pericolose per gli occhi e possono inibire la fotosintesi delle piante, con conseguente diminuzione dei raccolti e distruzione del fitoplancton che è alla base della catena alimentare marina.
BUCO NELL’OZONO

Foto di Pixabay
Il buco dell’ozono è l’intermittente fenomeno, rilevato per la prima volta nel 1985, della riduzione dell’ozono delle regioni polari, ovvero un assottigliamento dell’ozonosfera. La principale causa derivata dall’attività umana del buco dell’ozono è l’utilizzo dei clorofluorocarburi o CFC. I CFC sono i gas usati un tempo in frigoriferi, spray e condizionatori, e sono pericolosi a causa della loro stabilità: questi composti hanno infatti vita lunghissima (dai 75 ai 100 anni) e, una volta usciti, hanno tutto il tempo di disperdersi nell’ambiente e salire fino alle zone più alte dell’atmosfera.
Giunti qui i raggi UV ne spezzano le molecole liberando il cloro, che porta alla scomposizione delle molecole di ozono. Questo atomo di cloro, infatti, sottrae un atomo di ossigeno alla molecola di ozono, riducendola così ad ossigeno molecolare, che non è più in grado di bloccare le radiazioni ultraviolette. Un solo atomo di cloro può ripetere questa reazione fino a 30 o 40 mila volte.
CONSEGUENZE
- Conseguenze per la nostra salute
Se il fenomeno del buco dell’ozono dovesse peggiorare, verrebbe a mancare il filtro naturale presente nella stratosfera, e noi saremmo esposti ai raggi ultravioletti con conseguenze drammatiche per la nostra salute.
- Conseguenze per l’ambiente
I raggi UV inibiscono la fotosintesi clorofilliana e minerebbero, quindi, il nostro ecosistema: le piante, con il passare del tempo, smetterebbero di crescere, quelle esistenti morirebbero e noi, se non malati, saremmo comunque impossibilitati a sopravvivere in un mondo desertico e privo di verde.
PROIEZIONI FUTURE
Per quanto riguarda il futuro, siamo sulla buona strada: per la prima volta gli scienziati della NASA sono riusciti a trovare delle prove che il buco nell’ozono si sta riducendo (anche se per la chiusura completa dovremo aspettare la fine del secolo). L’ente spaziale statunitense ha divulgato i dati raccolti grazie al satellite Aura: il buco nell’ozono si è ridotto di circa il 20% dal 2005 ad oggi, e gli scienziati attribuiscono questo merito al divieto internazionale sui clorofluorocarburi del Protocollo di Montreal.
COSA POSSIAMO FARE

Foto di Pixabay
Sull’Artico a inizio 2011 c’è stata una perdita di ozono del 40%, a conferma che la lunga vita di questi gas condizionerà ancora lo strato di ozono attorno al pianeta. Molti dei danni causati da sostanze prodotte dall’uomo sono eliminabili con opportuni accorgimenti di natura tecnologica e quindi relativamente a basso costo, grazie a modifiche nei processi produttivi e nell’utilizzo delle sostanze.
I clorofluorocarburi forse non sono gli unici responsabili del buco nella fascia dell’ozono stratosferico, ma sicuramente sono i più importanti. Aerei attrezzati, volando sopra il continente antartico nel momento in cui si verificava l’abbassamento del livello di ozono, hanno registrato la presenza di una notevole quantità di cloro e contemporaneamente una rapida diminuzione dell’ozono.
Cosa possiamo fare per limitare i danni prodotti dal cloro? Innanzitutto possiamo eliminare dal mercato i CFC, che sono i principali fornitori dell’elemento. Ovviamente non è possibile rimuovere dalle industrie e dal mercato un elemento così importante senza avere provveduto a trovare un sostituto.
Dopo che fu chiaro che erano i CFC i maggiori responsabili del disastro che si stava consumando, i rappresentanti dei Paesi maggiormente industrializzati nel 1986 si riunirono a Ginevra per discutere il problema e trovare delle soluzioni. La consapevolezza dell’importanza dello strato di ozono convinse la comunità internazionale a firmare il Protocollo Internazionale di Montreal sulle sostanze dannose per lo strato, proprio per limitare l’utilizzo di questo tipo di sostanze. Il Protocollo fu ratificato anche dall’Italia nell’agosto del 1988. 34 Nazioni di tutto il mondo si accordarono per una riduzione del 50% dei consumi mondiali di CFC entro il 1998 e l’eliminazione completa entro il 2000.
Purtroppo, però, il Trattato non fu firmato dal mondo intero. Gli americani propendevano per l’eliminazione completa di questo prodotto perché alcune società di quel Paese erano già in grado di immettere sul mercato prodotti sostitutivi, al contrario dei Paesi europei e i Paesi terzi. Altri Paesi non sono d’accordo con la linea americana, ed invitano ad attendere per avere più informazioni riguardanti questo problema.
Per concludere, questo atteggiamento potrebbe rivelarsi pericoloso perché, rimandando la risoluzione del problema, si rischierebbe di arrivare troppo tardi al rimedio. Questa vicenda mette in evidenza come la solidarietà, al di là delle frontiere nazionali e sociali, ad oggi sia una condizione tutt’altro che scontata e acquisita.
Alessandro Biasia