Trascorriamo gran parte della nostra vita in spazi chiusi: scuole, uffici, centri commerciali, aeroporti, cinema. Alla climatizzazione di questi e molti altri edifici è destinato un quarto dell’energia mondiale: un ciclo che immette nell’ambiente, annualmente, 40 miliardi di tonnellate di CO2. Inoltre, l’aria è spesso climatizzata in modo non ottimale, attraverso complessi impianti che, oltre a essere costosi e richiedere regolare manutenzione, sprecano energia, inquinano e non garantiscono alle persone il dovuto comfort.
Che fare per ovviare a queste problematiche? Una soluzione l’hanno trovata i giovani fondatori di Enerbrain, start up torinese nata nel 2015 all’interno dell’Incubatore Imprese Innovative del Politecnico.
Dopo una laurea in Architettura, Giuseppe Giordano, oggi a capo della società, ha preso un master in Sostenibilità all’università di Austin, negli Stati Uniti, dove ha partecipato per un paio di anni al progetto di uno strumento capace di monitorare i consumi elettrici; nel frattempo, Marco Martellacci stava lavorando a un sistema di controllo delle caldaie.
Da qui, l’idea: integrare i due algoritmi, quello di monitoraggio e quello di controllo, per dare vita a un impianto intelligente che non si limiti ad analizzare in tempo reale i consumi ma che intervenga automaticamente per regolare il bilancio energetico di un edificio nel migliore dei modi, abbattendo i costi e migliorando sensibilmente la qualità dell’aria. Una soluzione unica nel suo genere, brevettata e usata da un numero sempre maggiore di realtà, pubbliche e private, in Italia e all’estero.
Enerbrain funziona in maniera molto semplice, sfruttando dei sensori, un algoritmo intelligente, degli attuatori e infine un pannello di controllo.
I sensori ambientali “plug&play” vengono installati nell’edificio in modo facile e veloce, senza che siano necessarie modifiche all’impianto già esistente; questi rilevano in tempo reale una serie di parametri come la temperatura, l’umidità e il livello di CO2 nell’aria, ma anche i cambiamenti climatici esterni e persino il numero di persone presenti nello spazio in questione.
Tutti i dati raccolti sono inviati in cloud per essere interpretati dall’algoritmo – che calcola i parametri ottimali, affinando nel tempo le sue “conoscenze” grazie a tecnologie di machine learning – e poi mandati agli attuatori, che intervengono sull’impianto energetico rendendolo più efficiente. Nel frattempo, il gestore può controllare i dati e regolare l’impianto tramite il pannello di controllo o l’app, con la possibilità di interagire con più edifici contemporaneamente.

Foto di Bogomil Mihaylov
Gli edifici non residenziali che hanno usato Enerbrain finora hanno ridotto i consumi di un terzo, massimizzando al tempo stesso la qualità dell’aria. Un risultato importante, soprattutto dal momento che molti studi hanno dimostrato che quest’ultima ha un impatto notevole sulla vita delle persone, sia dal punto di vista della salute che per quanto riguarda l’efficienza e la produttività, sui luoghi di lavoro e non.
Enerbrain, tuttavia, non fa bene soltanto al portafogli e alla qualità della vita, ma anche all’ambiente. Infatti, questo sistema riduce sensibilmente le emissioni di anidride carbonica: è stato calcolato che, se tutti gli edifici non residenziali del mondo si affidassero a Enerbrain, nel 2019 avremmo 1,6 miliardi di tonnellate di CO2 in meno rilasciate nell’aria, equivalenti a 170 milioni di alberi.
Un traguardo da cui siamo lontani e che forse non riusciremo mai a realizzare. Eppure, Enerbrain sta conquistando sempre più scuole, aziende, centri commerciali, ospedali e musei, nel nostro Paese e in molti altri, come Inghilterra, Spagna, Portogallo, Francia, Austria, Germania e anche i ben più lontani Giappone e Brasile. L’obiettivo non è semplicemente abbassare i costi delle bollette, ma soprattutto fare cultura sul tema dell’efficienza energetica, nella speranza che aumenti la consapevolezza in materia e che tutti, nel loro piccolo, si impegnino per un mondo più sostenibile.
Elisa Pino