Chi di noi, almeno una volta, da bambino, non è andato a letto la vigilia di Natale, sperando di svegliarsi il giorno dopo, affacciarsi alla finestra e vedere il mondo innevato? E non da meno sono i sogni di noi “grandoni” di poter gustare quell’atmosfera ovattata e romantica che solo la neve può regalare, specialmente il giorno di Natale.
Tutta la magia, ahimè, svanisce se si pensa al fatto che è da anni che non nevica copiosamente a basse latitudini in Italia. Di chi è la colpa? Forse di un folletto cattivo che odia il Natale?

Foto di Tim Mossholder
Se ci trovassimo in una fiaba natalizia questa potrebbe essere una valida spiegazione, ma, purtroppo, la causa è molto più “banale” e allo stesso tempo allarmante. Stiamo parlando dell’ormai super inflazionato riscaldamento globale, mostro multiforme nato dalla nostra superficialità che infesta il Pianeta portando solo catastrofi e distruzione.
Il 2016 è stato l’anno più caldo della storia, che ha superato il 2015, che, a sua volta, superò il 2014, cosa che dimostra un incessabile riscaldamento planetario che non siano ancora stati capaci di fermare. Che aspettarsi, dunque, dal Natale del 2050? Forse ci ritroveremo ad addobbare le palme, invece che gli abeti e a pranzare in costume da bagno invece che con i maglioni fatti a mano dalla nonna. Tutti scenari possibili se le politiche internazionali non riuscissero ad arrestare l’andamento attuale del riscaldamento globale, intervenendo sui fattori antropogenici che lo hanno provocato.
“Molti scienziati ambientali concordano sul fatto che un aumento della temperatura media della superficie del Pianeta di circa 2°C rispetto a quelle del periodo pre-industriale (cioè antecedente al 1860) sia il limite entro il quale gli impatti del cambiamento climatico sarebbero in qualche modo gestibili senza conseguenza catastrofiche” afferma il dottor Silvio Gualdi del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.
Se, dunque, eccedessimo il limite, gli effetti potrebbero essere ben più tragici del dover rinunciare per sempre al white Christmas. Il superamento di tale soglia, infatti, potrebbe portare a “una dinamica di fusione del ghiaccio che non siamo in grado di immaginare o prevedere, e parliamo di una mole di ghiaccio tale da far salire il livello del mare di svariati metri, non centimetri. In questo scenario, non sarebbe solo Venezia a passare il Natale 2050 sott’acqua, ma tutta la costa dell’alto Adriatico dell’Italia sarebbe seriamente minacciata, così come i Paesi Bassi, la Florida e altre zone della costa orientale degli Stati Uniti e le isole del Pacifico” spiega Gualdi.
Ma le conseguenze del cambiamento climatico sono già visibili tuttora in Italia. L’aumento delle temperature ne è il primo esempio, con i picchi di calura estivi registrati negli ultimi anni e i sempre più frequenti fenomeni estremi come piogge torrenziali e le insolite nevicate nel centro-sud.
“Sicuramente tra 30-35 anni avremmo natali molto più caldi di quelli ai quali eravamo abituati fino a un recente passato. I paesaggi innevati diventerebbero molto, molto più eccezionali, anche in regioni dove a tutt’oggi sono una normalità ed una risorsa anche economica.” ci mette in guardia il dottor Gualdi.
Pensiamo, infatti, a tutte le località turistiche che basano la loro economia sugli sport invernali. Già ora molte di esse, soprattutto quelle sugli Appennini, soffrono per la penuria di precipitazioni nevose.
Per evitare che il volto del Natale, ma soprattutto il volto del nostro Pianeta, cambi drammaticamente nel prossimo futuro dovremmo cominciare a darci da fare per mantenere l’aumento della temperatura globale entro quei 2 gradi massimi consentiti. Non disperiamoci e rimbocchiamoci le maniche… Babbo Natale ha bisogno di tutti noi!

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Ilenia Bilancio