Finalmente. Che nessuno abbia mai pensato prima di oggi a una forma di cooperazione internazionale a sfondo ambientale ha quasi dell’incredibile e ci inorgoglisce il fatto che l’idea sia venuta al nostro Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. L’istituzione del “caschi verdi” per la difesa dell’ambiente delle Nazione unite è un progetto ancora allo stato embrionale, ma è giusto raccontare e sottolineare l’intuizione avuta da Costa, prontamente presentata a Parigi alla Direttrice Generale dell’Unesco Audrey Azouley, che sembra averla accolta con interesse. L’idea alla base è semplice: condividere professionalità e competenze per difendere e sostenere le aree verdi del pianeta.
Per rimediare ai disastri ambientali ci sono già i “caschi blu”, ma è possibile che la collaborazione tra Stati si attivi solo in occasione di tragedie? La Terra è di tutti e deve essere salvaguardata.

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Perché l’UNESCO. Nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità non ci sono solo monumenti e luoghi storici, ma anche siti naturali, geoparchi e riserve della biosfera. Per questo l’UNESCO, organizzazione delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura, ha dimostrato interesse verso la proposta del ministro dell’Ambiente italiano, anche se per il momento è stata presentata solo a livello informale. Ora si aspettano le reazioni dei colleghi di Costa negli altri Stati dell’Onu, ma è difficile che qualcuno possa non essere d’accordo con la proposta, o almeno è quello che speriamo.
Un progetto italiano. La proposta parte dalle professionalità italiane, delle università e dei centri di ricerca ma anche dei Carabinieri forestali. Uno straordinario patrimonio di competenze che, a detta di Costa, sarebbe egoista e miope non condividere con il resto del Mondo. Si tratterebbe dunque di un contributo a sostegno delle aree naturali di diversi Paesi, per innescare un processo virtuoso e migliorare il livello di conoscenze delle tematiche ambientali a livello globale e promuove la salvaguardia delle aree verdi della Terra. La rete di competenze, inoltre, garantirebbe allo stesso tempo anche formazione sulle opportunità, economiche ma non solo, che la natura offre.
L’obiettivo è un miglioramento della salute del pianeta a livello complessivo, che avrebbe però un effetto positivo anche su scala nazionale: se consideriamo l’insieme di siti storici e naturali UNESCO, l’Italia è tutelata per oltre un quarto del suo territorio e potrebbe dunque beneficiare in prima persona degli effetti di questa task-force green.

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Accordo sul clima e Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. “Sì, bella proposta. Ma i soldi?”. È dopo questa domanda che, purtroppo, si arenano o quanto meno rallentano moltissimi progetti virtuosi. Ma in questo caso potrebbe andare diversamente, come dichiarato dallo stesso ministro Costa. Perché i fondi già ci sono. Sono stati stanziati nell’ambito dell’accordo sul clima di Parigi per la difesa dai cambiamenti climatici e sono previsti per il raggiungimento degli obiettivi posti per l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Tutelare le aree green ha certamente un’incidenza positiva sull’inquinamento e, di conseguenza, sul clima, così come l’interazione uomo-natura e la conservazione dei grandi ecosistemi passa obbligatoriamente dalla difesa della biodiversità, dei parchi e delle zone verdi del mondo. “Si tratta di razionalizzare le iniziative in corso e di esportare pratiche di eccellenza. – ha detto Costa – L’UNESCO è il luogo di coordinamento ideale per queste attività perché nessuna arte è più grande della tutela della natura”.
Come sempre, in questi frangenti, non bisogna cantar vittoria troppo presto e l’intoppo burocratico è sempre dietro l’angolo, soprattutto alla luce del delicato equilibro della politica internazionale, anche sulle tematiche ambientali (la posizione di Trump in merito all’Accordo sul clima di Parigi ne è un esempio indicativo).
Ma con un cauto ottimismo possiamo dire che la natura potrebbero avere presto degli alleati competenti e riconosciuti a livello internazionali: i caschi verdi. Finalmente.
Thomas Ducato