Un anno particolare, fra le difficoltà economiche e sanitarie, che può però stabilire una nuova alleanza fra le due sponde dell’Atlantico
Il 2021 può essere un anno particolarmente importante per il clima. Lo slancio globale per arrivare ad emettere zero emissioni di carbonio entro la metà del secolo sta crescendo in un modo che nessuno avrebbe potuto prevedere anche solo un anno fa. Il Covid-19 ha costretto le Nazioni a iniettare miliardi nelle loro economie e alcune di esse si sono impegnate a ricostruire in modo più assennato la propria società, investendo in particolare nella transizione verde.
A questo si aggiunge il fatto che, dopo i quattro anni di assenza sotto l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti sono tornati nuovamente attivi sulla scena globale. Anzi, il cambiamento climatico pare rappresentare, insieme alla pandemia, alla crisi economica e all’ingiustizia razziale, uno dei quattro pilastri della politica del duo Biden-Harris, che fra le prime decisioni prese ha iscritto nuovamente gli USA all’Accordo sul clima siglato a Parigi nel 2015. Nel contempo ha lanciato anche un nuovo piano green, che prevede ben 2mila miliardi di investimenti in quattro anni, volto a mettere gli Stati Uniti su un percorso irreversibile verso l’azzeramento delle emissioni nette da CO2 entro il 2050.
Accanto all’attuazione delle iniziative “verdi” interne, Biden però deve anche fare i conti con la nuova dimensione internazionale del problema climatico. L’Unione Europea, la Cina, il Giappone e la Corea del Sud hanno annunciato da tempo di voler ottenere lo stesso obiettivo e se a questo gruppo aggiungiamo gli Stati Uniti si sta parlando, complessivamente, di circa due terzi dell’economia globale e più della metà delle emissioni mondiali.
Un asse mondiale per la sostenibilità ed il clima
A questo punto un modo sensato per Biden di impegnarsi con la dimensione internazionale dell’azione per il clima potrebbe essere quello di impegnarsi a fianco all’UE nella creazione di una sorta di “coalizione globale”.
Un’alleanza “ambientale”, una “task force green”, che dovrebbe mirare a superare alcuni degli ostacoli chiave che il mondo dovrà affrontare sulla strada della neutralità climatica. A cominciare, ad esempio, dallo sviluppo congiunto delle tecnologie verdi necessarie per decarbonizzare le nostre economie: dalle energie rinnovabili all’idrogeno verde, dalle auto elettriche alle batterie. Più realisticamente, però, questa coalizione si potrebbe concentrare sull’introduzione di nuove misure di adeguamento alle frontiere del carbonio e sullo sviluppo di tecnologie per la rimozione delle emissioni. E infatti la UE ha introdotto tali misure nel contesto del suo Green Deal e anche il piano per il clima di Biden si impegna in una linea d’azione del tutto simile. A questo punto tanto varrebbe che Stati Uniti e UE sviluppassero congiuntamente tali misure, in modo che ogni singola iniziativa non venga percepita come unilaterale, ma quantomeno “transatlantica”. Rafforzandola e dandole maggior efficacia anche a livello di percezione da parte degli altri attori.
Servono azioni concrete
A questo proposito sarebbe importante agire presto sull’imboschimento e il rimboschimento di ampie zone d’Europa e degli States che si sono progressivamente desertificate negli ultimi decenni (in Europa soprattutto nelle aree del sud come Spagna, Italia o Grecia), ma questa soluzione rimane al momento ancora poco seguita e comunque ci vorranno anni prima che un albero piantato possa risultare davvero utile alla causa. Certo, prima si inizia e prima si otterranno i risultati voluti, ma è ovvio che si debba, in un’ottica di “breve e medio periodo”, guardare anche ad altre soluzioni. Gli Stati Uniti e l’UE dovrebbero allora avviare uno sforzo congiunto, anche per trovare soluzioni efficaci basate sull’alta tecnologia.
Molto, a dire il vero, si sta già facendo, con improvvise accelerate, e la notizia di questi giorni sulla transizione obbligatoria, entro il 2035, a un parco auto totalmente elettrico in Europa dà già un’idea chiara della direzione che si è voluta intraprendere.
Nel novembre 2021, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Glasgow vedrà tutti i paesi presentare i loro nuovi piani di riduzione delle emissioni per il 2030. Oltre ad aumentare le loro ambizioni climatiche individuali, gli Stati Uniti e l’UE hanno una reale opportunità per promuovere ulteriormente il percorso globale verso la neutralità climatica. A dirla tutta le condizioni non sono mai state così favorevoli e Washington e Bruxelles, che ne sono consapevoli, hanno il dovere e la responsabilità di guidare il resto del mondo.
Insieme si può.
Ernesto Kieffer